Come quasi sicuramente avrete sentito, in questi giorni, l’INPS è tempestato dal malcontento dei cittadini per la questione “Reddito di Cittadinanza” e com’era prevedibile, l’ondata di lamentele non ha risparmiato i social, in particolare la pagina Facebook “Inps per la famiglia”, a cui è stato affidato il ruolo di “customer care social” proprio per le questioni riguardanti il Reddito di cittadinanza.
E’ indubbio che in molti utenti si siano rivolti alla pagina Facebook come se si trattasse dello sportello Inps, chiedendo vere e proprie analisi dei singoli casi, e anche per sfogare la propria frustrazione rispetto all’esito delle loro richieste e agli importi deludenti rispetto alle attese, ma anche per questo é fondamentale il lavoro dei social media manager: gestire la complessità di nuovi canali di relazione, anche in situazioni critiche o di forte stress.
Che i clienti preferiscano sempre di più i social media come mezzo di customer care rispetto alle vie tradizionali non è infatti un mistero. Uno dei motivi principali risiede nella rapidità di risposta e nella dinamica real time propria di queste piattaforme, e volenti o nolenti, le aziende non possono che adeguarsi al trend, e questo vuol dire che se da un lato il fenomeno è un’opportunità per i brand, dall’altro può rappresentare un problema se mal gestito.
Ma tornando al caso specifico INPS… perché tanto scalpore? Perché il social media manager, oltre alle consuete risposte istituzionali, si è lasciato trasportare scrivendo, in risposta ad alcuni utenti molto insistenti, dei commenti al limite della maleducazione.
Dando un rapido sguardo alle richieste degli utenti in molti casi i messaggi sono colmi di errori di grammatica, refusi, punteggiatura inesistente e collegamenti logici quantomeno dubbi, tanto da spingere chi gestisce la pagina a prendersi delle libertà forse eccessive, e lasciarsi andare a commenti discutibili. Basta poco per far diventare il caso virale, iniziano a girare gli screenshot e sulla pagina dell’Inps i commenti vengono presto confusi da battute e prese in giro e c’è chi addirittura si diverte a rispondere al posto dei social media manager aumentando così la confusione.
Non è tardata ad arrivare la “risposta” di Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, che ha rilasciato alcune dichiarazioni, sottolineando che:
a) il social media manager protagonista della faccenda non è uno «stagista malpagato», ma una «funzionaria» dell’INPS che «non ha retto alla pressione»
b) l’INPS ha aperto i suoi canali social nel nome di «una comunicazione trasparente e diretta con i cittadini»
c) chi gestisce i canali social dell’INPS ha bisogno di formazione.
Alla luce di queste dichiarazioni, qualche considerazione ci sembra doverosa.
Il presidente dell’INPS fa riferimento a una social media manager come a una “funzionaria” e detta così, uno potrebbe farsi l’idea che la pagina INPS per la Famiglia sia stata affidata a una dipendente INPS che “fa anche altre cose”, oltre alla gestione della pagina Facebook. Magari è un’idea sbagliata, ma quello che è sicuro è che le attività svolte sui social necessitano di attenzione costante, in modo particolare quando si sa che si sta verificando un periodo intenso, e l’introduzione del Reddito di cittadinanza era sicuramente un’attività il cui impatto era da considerare.
Un’istituzione quale l’INPS che afferma attraverso i social di voler mantenere un contatto diretto con i cittadini non dovrebbe nemmeno instillare il dubbio che questa attività possa non essere gestita da professionisti preparati ed esperti. Ed è per questo che le dichiarazioni di Tridico sulla necessità di “formazione” e di “adeguare le competenze” di chi lavora nell’INPS sono un po’ tristi. Sembra assurdo doverlo dire nel 2019, in riferimento ad istituzioni di un certo peso, ma a quanto pare è ancora necessario: gestire in modo proficuo la propria presenza online e sui social è un lavoro difficile. Lo è per chiunque, a qualunque livello, e lo è a maggior ragione se sei un’istituzione pubblica che si è data come obiettivo quello di avere un dialogo costante con i cittadini. Per farlo serve professionalità e un’adeguata strategia.
Bisogna considerare che sui social tutto avviene alla “luce del sole”. Un operatore che svolge il servizio di assistenza clienti allo sportello o tramite il call center la relazione è one-to-one; quando invece si ha a che fare con una pagina social aziendale si passa ad un rapporto one-to-many. Le risposte sono pubblicamente visibili da chiunque e di conseguenza, le ricadute negative sulla reputazione del brand, in caso di feedback inadeguati o addirittura offensivi, non possono che essere amplificate.
Ecco perché è bene che le attività di social media management vengano svolte da un professionista.
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